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Il mistero del ricorso per cassazione

La riproduzione integrale degli atti di merito nel ricorso per Cassazione lo rende #inammissibile

Corte di Cassazione Sezioni Unite Civili Sentenza 4 marzo 2021 n. 5999

Nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’articolo 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonché alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. 24 aprile 2018, n. 10072).

Sicché va evitata la riproduzione dell’intero contenuto letterale degli atti processuali: essa è non solo superflua, ma controproducente, finendo per affidare alla Corte la scelta di quanto effettivamente rileva, sicché la riproduzione degli atti di causa si può in tutto equiparare al mero rinvio agli atti stessi, onde rende il ricorso inammissibile (Cass. 18 settembre 2015, n. 18363; Cass. 19 maggio 2017, n. 12641). In particolare è da escludere che il ricorso possa essere confezionato mediante “spillatura” degli atti di causa (Cass., Sez. Un., 17 luglio 2009, n. 16628; Cass. 23 giugno 2010, n. 15180; Cass. 16 marzo 2011, n. 6279; Cass. 25 settembre 2012, n. 16254; Cass. 24 luglio 2013, n. 18020; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2527; per la giurisprudenza delle Sezioni Unite, in materia di giurisdizione, v. p. es. Cass., Sez. Un., 9 settembre 2010, n. 19255), sia, evidentemente, che detta spillatura venga realizzata materialmente ovvero, come nel caso in esame, scansionando i singoli atti e poi riunendoli tra loro.

Insomma, si rischia l’inammissibilità se non si espongono i fatti sostanziali della vicenda, ma si rischia l’inammissibilità anche se si riproduce il contenuto di tutti gli atti per evitare il rischio di non aver spiegato bene il fatto sostanziale.

In più, sono inammissibili, per violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34469).

In definitiva, il ricorso per Cassazione è, e rimane, per me, un mistero. Pare essere una sorta di sintesi tra il dire senza dire, spiegare ma non troppo, stringere il brodo, sintetizzare i concetti, mettere a fuoco l’essenziale, asciugare le spiegazioni, riassumere il più possibile e schematizzare.

Fatto tutto ciò, e rimanendo nelle trenta pagine del Protocollo CNF, si rischia comunque di sentirsi dire che il ricorso manca dell’autosufficienza.

Per fare un ricorso in Cassazione, quindi, non basta essere un avvocato: occorre essere druidi, demiurghi e custodi di antichi saperi, inesplorati per i più. Maghi e fattucchiere non certo a rischio di estinzione, ma a rischio di inammissibilità.

Roberto Smedile

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