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Le foto di atteggiamenti intimi del coniuge con persona terza, sorreggono l’addebito della separazione

Corte d’Appello di Milano, Sentenza 1019/2022

Una relazione investigativa sull’infedeltà coniugale di per sé non è piena prova; sul tema viene richiamato il principio secondo cui “il documento scritto non proveniente dalle parti in causa, bensì da un terzo estraneo al rapporto sostanziale intercorso tra le parti, non può costituire piena prova, ma può valere solo come indizio ed incombe su colui che intende avvalersene l’onere di integrarlo con altri mezzi di prova, eventualmente anche con la testimonianza del sottoscrittore di esso; tuttavia tale valore indiziario viene meno allorché il terzo, assunto a testimoniare, non abbia confermato il contenuto della dichiarazione o sia stato ritenuto inattendibile dal giudice” (vedi Cass., sez. I, 12.09.2008, n. 23554; Cass. , sez. II, ord. 23.10.2017, n. 24976).

L’investigazione quindi deve essere confermata in sede testimoniale.

Una volta acquisita certezza con riferimento alle date dell’investigazione e alla relativa paternità, non può che ricordarsi l’insegnamento della Suprema Corte in base al quale “possono costituire prova della violazione del dovere di fedeltà coniugale e giustificare, pertanto, l’addebito della separazione, le fotografie che mostrano il marito in un atteggiamento di intimità con una donna che, secondo la comune esperienza, induce a presumere l’esistenza tra i due della relazione extraconiugale (Cass., sez. 1, ord. 24.2.2020 n. 4899; vedi sul punto anche Cass., sez. I, ord. 4.9.2020, n. 18508; Cass., sez. I, ord. 19.09.2017, n. 21657; Cass., sez. I, 12.4.2013, n. 8929).

Roberto Smedile

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