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La Corte di Cassazione torna sull’inammissibilità del reclamo avverso l’ordinanza che chiude la fase sommaria del rito Fornero

Il reclamo in Corte d’Appello avverso l’ordinanza con cui viene chiusa la fase sommaria introdotta con ricorso ex art. 1, comma 48 L. 92/2012 è inammissibile.

Lo ribadisce la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13057 del 26/4/2022, che è tornata a ribadire come l’unico rimedio esperibile avverso il provvedimento conclusivo della fase sommaria del rito ex lege n. 92 del 2012, è il ricorso in opposizione previsto dalla L. n. 92 del 2012art. 1, comma 51

Ricordano i giudici di legittimità che nel rito cd. Fornero, il giudizio di primo grado è unico a composizione bifasica, con una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più rapida tutela al lavoratore, ed una seconda fase a cognizione piena che della precedente costituisce prosecuzione. Nel consolidato solco giurisprudenziale è stato ricordato che alla prima fase, a istruttoria semplificata, segue una seconda che, avendo cognizione piena, si caratterizza per la portata espansiva sul piano soggettivo ed oggettivo in quanto volta a fornire alle parti la garanzia di una decisione più completa e approfondita, che non si caratterizza per avere natura di impugnazione, ma per essere una prosecuzione della fase sommaria (Cfr. sul punto, ex plurimis, Cass. n. 2364 del 2020; Cass. n. 19552 del 2016).

Nel percorso argomentativo è stata esplorata anche l’ipotesi che la fase sommaria venga unificata alla fase di cognizione piena, nel qual caso sarebbe ammissibile il reclamo e non più l’opposizione, ma attenzione, perché tale evenienza può verificarsi soltanto in due casi: occorre cioè che lo stesso giudicante della fase sommaria abbia espressamente conferito al procedimento la natura di piena cognitio o che comunque a tale conclusione possa pervenirsi, sulla base dell’interpretazione della decisione successivamente alla sua emissione.

Soltanto qualora appaia possibile individuare un contenuto decisorio pieno nella pronunzia impugnata potrà addivenirsi a reputare ammissibile l’impugnazione che avverso la stessa sia stata proposta, diversamente, l’ordinanza può essere oggetto solo di opposizione al Tribunale ex art. 1, comma 51, e non di reclamo alla Corte d’Appello.

Nel caso giunto all’esame della Corte, il ricorrente era stato tratto in inganno dalla decisione del giudice di ritenere superflua qualsiasi attività istruttoria, ma – ha precisato la Corte – tale valutazione del giudice di merito trova ragione proprio perché si tratta di fase sommaria, non conducendo a diversa conclusione il riferimento alla superfluità delle allegazioni probatorie addotte, risultando ictu oculi che, ab initio, il giudice di merito, non avesse in alcun modo inteso elidere la fase sommaria, piuttosto volendosene servirsi in ragione della sua speditezza.

Il monito della Corte di Cassazione è quindi piuttosto esplicito: prima di proporre un reclamo alla Corte d’Appello, con il rischio dell’inammissibilità, occorre che l’avvocato abbia riguardo all’effettivo contenuto decisorio del provvedimento e alla sussistenza di una precisa volontà del giudice di merito di volere unificare le due fasi.

Lorenzo Ingino

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