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Niente alimenti al figlio laureato e disoccupato: ci pensa il reddito di cittadinanza

Cassazione civile, 20 dicembre 2021, n. 40882

Un figlio con laurea breve ha convenuto in giudizio i genitori per sentirli condannare al pagamento di un assegno alimentare ciascuno (250 euro dal padre e 400 dalla madre).

Tra alterne vicende, la quesitone approda in Cassazione, con ben sei motivi di ricorso.

La Suprema Corte ha stabilito che l’assegno alimentare può essere richiesto solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, precisando che detta situazione va intesa come incapacità della persona di provvedere alle fondamentali esigenze di vita (vitto, abitazione, vestiario, cure mediche). Il non essere in grado di provvedere al proprio mantenimento indica poi l’involontaria e non imputabile mancanza di un reddito di lavoro. Quindi, ove l’alimentando non provi la propria invalidità aò lavoro per incapacità fisica o l’impossibilità, per circostanza a lui non imputabili, di trovare una occupazione confacente alle proprie attitudini, la domanda deve essere rigettata.

In più, l’accertamento di detta impossibilità di provvedere al soddisfacimento dei propri bisogni primari non può prescindere dalla verifica dell’accessibilità a forme di provvidenza che consentano di elidere, sebbene temporaneamente, lo stato di bisogno, come il reddito di cittadinanza.

Il ricorso è stato quindi respinto ed il figlio condannato alle spese.

Lo Stato fa quindi anche da mamma e papà.

Di questo passo, mi attendo le sculacciate Istituzionali per i bimbi monelli.

Roberto Smedile

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