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LA CASSAZIONE TORNA SULLA DELEGA ORALE

Eppure è una richiesta che non dovrebbe (o quanto meno non dovrebbe più) trovare ospitalità nell’attuale regolamentazione delle deleghe a sostituto di udienza.

Sarà capitato a tutti gli avvocati: il corrispondente chiede di inviare una delega scritta a comparire in udienza e ciò sul presupposto che il Tribunale locale non accetta deleghe orali.

E’ noto che l’art. 14 della L. 31 dicembre 2012 n. 247 esplicitamente stabilisce al comma 2 che “gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta”.

Ed allora perché ancora oggi molti giudici in udienza richiedono l’esibizione di una delega scritta? Le ragioni risiedono e risalgono alla sentenza n. 26606 del 26/04/2018 con cui la Corte di Cassazione, Sezione V Penale, ebbe a teorizzare che  l’art. 14 della L. 247/2012 regolerebbe i rapporti tra gli avvocati, ma non dispiegherebbe effetti sul processo, limitando la possibilità di conferire una delega orale alla sola ipotesi in cui anche il delegante sia presente in udienza.

Una conclusione che ha lasciato perplesso tutto il modo dell’avvocatura e che i giudici di legittimità nell’occasione hanno giustificato interpretando l’art. 14 nel senso che la sostituzione può avvenire anche oralmente, ma solo al di fuori del processo, nel cui ambito vige, invece, la regola specificamente dettata dagli 96 c.p.p., comma 2, e art. 34 disp. att. c.p.p.. La norma troverebbe cioè il suo habitat naturale nel solo ambito extra processuale, dove non sarebbe richiesta alcuna forma scritta.

Le conseguenze di questa pronuncia sono state di fatto la disapplicazione dell’art. 14 L. 247/2012. Dall’enunciato della Corte di legittimità discende infatti che in udienza il sostituto processuale può comparire sono in virtù di delega scritta, e quindi la norma di cui all’art.14 non trova applicazione

Ma non trova di fatto applicazione neppure per le attività di cancelleria, dove pure sarebbe ammissibile la delega orale. Chi quotidianamente si confronta con cancellieri ed ufficiali giudiziari, si imbatte in netti e irremovibili rifiuti se solo osa presentare una richiesta, qualunque essa sia, spendendo una delega orale.

A fare ordine nella confusione generata dalla discutibile interpretazione della norma fornita dalla sentenza 26606/2018 sono intervenute due sentenze di poco successive che hanno sottoposto a censura l’iter argomentativo di quella pronuncia, creando il solco su cui ormai si è radicato definitivamente l’attuale più commendevole orientamento giurisprudenziale che ha dato il via libera alla delega orale.

Con le sentenze n. 48862 del 2/10/2018 della I sezione Penale e 57832 del 15/11/2018 della II sezione Penale, la Corte di Cassazione ha infatti preso le distanze in motivato dissenso dal suo contestato precedente, premiando “le intenzioni del legislatore della riforma dell’ordinamento forense, quali si ricavano dai lavori preparatori”, che “erano nel senso che la norma contenuta nell’art. 14 della legge del 2012 fosse da riferire anche all’ambito giudiziale” e osservando acutamente che “l’interpretazione secondo la quale la delega orale sarebbe consentita solo in ambito stragiudiziale, ridurrebbe macroscopicamente la portata innovativa della riforma, rendendola sostanzialmente sterile, in considerazione del fatto che l’ambito stragiudiziale è già permeato da una congenita informalità, dovuta all’assenza del giudice, sicchè non si comprenderebbe la necessità della introduzione della possibilità della delega orale in solo ambito stragiudiziale inserita nella più generale riforma dell’ordinamento forense”

Nonostante il chiaro revirement giurisprudenziale, purtroppo ancora oggi c’è l’usanza di molti Tribunali di richiedere deleghe scritte che non hanno – e non avrebbero dovuto avere a parere di chi scrive – alcuna ragione di essere pretese, prive come sono di supporto in alcun dettato normativo.

E’ giusto allora salutare con rinnovato entusiasmo il ritorno confermativo dei giudici di legittimità sull’argomento prima con la sentenza 19306 del 25/6/2020 con cui ancora la I sezione Penale ha sostanzialmente aderito ai due precedenti ultimi del 2018 e poi ancora con la recente sentenza del 15/10/2020 n. 28665, della III Sezione Penale, che ha nuovamente approfondito l’argomento, traendo spunto questa volta da un caso particolare in cui non era già la difesa avversaria o il PM a contestare la validità della delega orale, ma era addirittura lo stesso avvocato che aveva conferito la delega in forma orale, ritenendo evidentemente fosse un atto valido, ad eccepirne la nullità al fine di invalidare il processo.

Soprassedendo sul suo lato grottesco, la curiosa eccezione sollevata dalla difesa in quel processo, ha avuto però il merito di consentire alla corte di Cassazione di riaffermare per l’ennesima volta “che la designazione del sostituto da parte del difensore può essere effettuata con delega “orale” ai sensi dell’art. 96 c.p.p., comma 2, come interpretato alla luce della tacita abrogazione del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, art. 9, convertito dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36, per effetto della L. 31 dicembre 2012 n. 247 di riforma dell’ordinamento della professione forense”

Si auspica che questa ulteriore pronuncia ponga la parola fine all’equivoco generato da una opinabile ed isolata interpretazione delle regole che presiedono al conferimento delle deleghe al sostituto processuale, che, per quanto già superata con argomentazione convincente, continua a trovare qualche sparuto manipolo di sostenitori nelle corti di merito.

L’augurio è allora quello di vedere finalmente anche quelle sacche di resistenza tra giudici di merito che prendono atto dell’ormai granitico orientamento della Corte di Cassazione e consentono ai sostituti processuali di comparire in udienza, spendendo il conferimento di una delega orale, anche a maggiore snellezza dei processi che non hanno certo bisogno di ulteriori farraginose cavillature.

Lorenzo Ingino

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