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CHI PAGA IL COMPENSO DEL DOMICILIATARIO

Il Tribunale di Perugia, sezione II Civile, con sentenza del 29/7/2020 è tornato a pronunciarsi sui criteri per determinare il soggetto su cui ricade l’onere di soddisfare le competenze dell’avvocato domiciliatario.

Si dà troppo spesso per acquisito e pacifico che l’onere ricada sul cliente, ma non è proprio così.

La sentenza del Tribunale di Perugia

Il Giudice perugino ha ribadito il principio, già fatto proprio dalla Corte di Cassazione, per cui “obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore-domiciliatario per l’opera professionale richiesta, se ed in quanto la stessa sia stata svolta, è colui che ha affidato al legale-domiciliatario il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e si sia svolto nell’interesse di un terzo, instaurandosi in tale ipotesi, collateralmente al rapporto con la parte che abbia rilasciato la procura ad “ad litem”, un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato ma da chi ha richiesto per lui l’opera professionale al domiciliatario.”

In buona sostanza, ci dice la corte di merito, bisogna avere riguardo a chi tra cliente e difensore ha in concreto conferito l’incarico al domiciliatario per l’espletamento di quelle prestazioni che si distinguono da quelle svolte dal difensore titolare della pratica e che si sostanziano in “tutta quella serie di attività da farsi fisicamente nei vari uffici giudiziari in cui ha luogo la controversia quali, ad esempio, iscrizione a ruolo della causa, notificazioni, deposito di atti, richiesta ed estrazione di copie; ritiro dei fascicoli”.

Afferma quindi il Tribunale di Perugia che “bisogna stabilire, in concreto, se il mandato di domiciliazione provenga dalla stessa parte rappresentata in giudizio, o invece da un altro soggetto che abbia perciò assunto a proprio carico l’obbligo del compenso”. Su questo presupposto, il giudicante ha affermato la responsabilità dell’avvocato escludendo quella del cliente per il pagamento del compenso al domiciliatario.

L’orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Il Tribunale ha fatto buon governo delle regole enunciate anche recentemente dalla Corte di Cassazione (Cassazione Civile, Sezione VI, 12/3/2020 7037), secondo cui, “al fine di individuare il soggetto obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore, occorre distinguere tra rapporto endoprocessuale nascente dal rilascio della procura “ad litem” e rapporto che si instaura tra il professionista incaricato ed il soggetto che ha conferito l’incarico, il quale può essere anche diverso da colui che ha rilasciato la procura. Più in generale, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, il rapporto di prestazione d’opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del diritto al compenso, postula l’avvenuto conferimento del relativo incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi della sua attività e della sua opera da parte del cliente convenuto per il pagamento di detto compenso. Ciò comporta che il cliente del professionista non è necessariamente colui nel cui interesse viene eseguita la prestazione d’opera intellettuale, ma colui che, stipulando il relativo contratto, ha conferito incarico al professionista ed è conseguentemente tenuto al pagamento del corrispettivo (Cass. Sez. 3, 03/08/2016, n. 16261; Cass. Sez. 2, 29/09/2004, n. 19596; Cass. Sez. 1, 02/06/2000, n. 7309; Cass. Sez. 3, 04/02/2000, n. 1244).”

Quindi allorché ricorra l’ipotesi di prestazioni rese da un domiciliatario, abbiamo due distinti rapporti contrattuali concorrenti: uno endoprocessuale nascente dal rilascio della procura alle liti a cui partecipano l’avvocato affidatario della causa e il cliente, ed uno extraprocessuale che non necessariamente viene posto in essere dal cliente che ha conferito la procura, ma ben può essere instaurato direttamente con l’avvocato difensore.

Ma vi è di più: la Corte di Cassazione spiega che occorre superare il mero aspetto formale del conferimento dell’incarico, occorrendo verificare in concreto chi sia il soggetto mandante, non essendo dirimente il conferimento di una procura congiunta da parte del cliente sia all’avvocato che al domiciliatario, ”ben potendosi intendere superata la presunzione di coincidenza del contratto di patrocinio con la procura alle liti, ove risulti provato, sia pur in via indiziaria, il distinto rapporto interno ed extraprocessuale di mandato esistente tra i due professionisti e che la procura rilasciata dal terzo in favore di entrambi era solo lo strumento tecnico necessario all’espletamento della rappresentanza giudiziaria, indipendentemente dal ruolo di dominus svolto dall’uno rispetto all’altro nell’esecuzione concreta del mandato (arg. da Cass. Sez. 2, 27/07/1987, n. 6494; Cass. Sez. 2, 27/12/2004, n. 24010; Cass. Sez. 2, 20/11/2013, n. 26060)”.

Alcune riflessioni

Si pongono allora utili riflessioni per l’avvocato che deve domiciliare una pratica presso un collega e che non voglia trovarsi con il cerino acceso delle competenze da pagare.

Ricordiamo che per il compenso minimo per il domiciliatario, il D.M. n. 55/2014 all’art. 8, comma 2, statuisce che “all’avvocato incaricato di svolgere funzioni di domiciliatario, spetta di regola un compenso non inferiore al 20 per cento dell’importo previsto dai parametri di cui alle tabelle allegate per le fasi processuali che lo stesso domiciliatario ha effettivamente seguito e, comunque, rapportato alle prestazioni concretamente svolte”.

E’ evidente come una sottovalutazione del tema possa comportare anche costi importanti a carico del difensore, per cui è bene che l’avvocato coinvolga il cliente nel conferimento dell’incarico al domiciliatario e sia in grado di preventivare i costi stessi, in modo da sottoporli ad accettazione del cliente.

Alternativamente, una buona e forse dirimente soluzione può essere quella di non affidarsi ad alcun domiciliatario, ma utilizzare per ogni singolo adempimento un proprio collaboratore o un collega esterno predeterminando il compenso del singolo adempimento stesso, svincolandolo così dalle tariffe tabellari per fasi.

La possibilità per l’avvocato di assegnarsi un budget da utilizzare per il compimento delle singole attività da delegare a terzi, predeterminandone il compenso, consentirebbe anche una preventivazione al cliente senza rischio di sorprese scomode.

In questo contesto trovano terreno fertile le agenzie di servizi o le piattaforme digitali dalle più semplici ed elementari che consentono di concludere incarichi di domiciliazione, alle più evolute che promuovono veri scambi di incarichi professionali a più largo raggio con un portafogli di servizi accessori anche articolato, il tutto sempre a costi contenuti

Lorenzo Ingino

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